La chiesa e catacomba di San Casto



Percorrendo l’attuale strada provinciale Sessa – Mignano, in prossimità dell’Ospedale civile, si scorgono i ruderi di un edificio apparentemente d’incerta datazione. La tabella posta all’ingresso riporta: Catacomba di San Casto. La chiesa è dedicata al primo vescovo di Sessa, Casto, martirizzato insieme a Secondino vescovo di Sinuessa agli inizi del IV secolo. Diverse realtà ricordano il martire Casto oltre a Sessa. Calvi, Benevento, Capua e Sora. Non si può dimenticare Gaeta che custodisce le spoglie mortali dei Santi Casto e Secondino. A Gaeta si conserva anche il codice manoscritto membranaceo in scrittura beneventana che riporta la “Passio dei Santi Casto e Secondino”. Gli scritti del Diamare ci aiutano ad d’intuire come questo sito si presentasse alla fine dell’Ottocento: “In Sessa esisteva la Chiesa dedicata a S. Casto, e tuttavia ne esistono i pregiati avanzi, che da loro con tutta forza rivendicano le vetuste nostre memorie. Questa Chiesetta da noi più volte visitata e fatta visitare da diversi periti archeologi, per l’ignavia e l’ingiuria dei tempi abbandonata, ha formato e forma l’oggetto di seri osservazioni […] In Questa Basilichetta, nella parte interna, vi erano e tuttavia vi ravvisano belli affreschi medioevali sovrapposti ad altri della scuola Bizantina […] Da tempi antichissimi è stata chiamata la Chiesa di San Casto”. La chiesa di San Casto è riportata nella Bolla di Atenulfo, compare nelle Rationes decimarum ed era una delle stazioni delle Rogazioni di San Marco. Un luogo non solo storicamente interessante ma anche rilevante per i suoi avanzi archeologici. Di particolare importanza il sarcofago di età antica risalente al III dopo Cristo, riutilizzato per accogliere le spoglie mortali dei Santi martiri.

La presenza di un sarcofago antico contenente le reliquie di martiri, pur se di indubbio rilievo, non è raro. Ben più difficile è invece l’esistenza di un sito catacombale. Dopo il Diamare Occorre attendere i prima anni Sessanta del Ventesimo secolo per un nuovo interesse verso il sito cimiteriale. Dopo poco mesi dal suo ingresso in Diocesi Mons. Vittorio Maria Costantini dedicò una particolare attenzione al luogo, come attesta la già citata richiesta delle reliquie dei Santi Casto e Secondino. Il prelato, però, si scontrò con i lavori di costruzione del nuovo Ospedale e con una già nota volontà di non conservare e tutelare il passato e le sue testimonianze artistiche. La costruzione della nuova struttura, non tenendo in nessuna considerazione la storicità del sito e le tombe che fuoriuscivano durante i lavori, ha causato danni irreparabili compromettendo la lettura dei luoghi, mortificati anche da altre costruzioni private. Nel 2006, per volontà dell’allora vescovo Mons. Antonio Napoletano s’intraprende la prima campagna di scavo archeologico condotta con criteri scientifici e diretta dalla prof.ssa Silvana Episcopo sotto la supervisione della competente Soprintendenza archeologica. Il lavoro sinora effettuato è di una straordinaria importanza per la conoscenza dei primi secoli del cristianesimo a Sessa e dei siti archeologici andati probabilmente quasi del tutto perduti.
Le indagini archeologiche hanno subito evidenziato nella zona est un’ampia “porzione di necropoli subdiale, ricavata nello spazio di un precedente assetto funerario”. Nella zona meridionale rispetto alla chiesa sono venute fuori “tracce di un’utilizzazione funeraria prolungata nel tempo ed intensiva”. La certezza sulla collocazione del sarcofago all’interno della chiesa è stata possibile grazie all’analisi muraria della parete nord con l’evidenziazione di un arco, tamponato successivamente, che conservava nella malta l’impronta della decorazione della metà di destra ma era anche parte in cui si indirizzava la devozione .

Un culto verso i martiri sepolti nella catacomba che avveniva attraverso delle aperture così, come ha ben evidenziato sempre la prof.ssa Episcopo, simili a quelle di Sant’Eutizio a Soriano nel Cimino, San Terenziano presso Todi ed a quella più vicina dell’Annunziata di Prata di Principato Ultra. Malgrado i crolli e gli interventi demolitori gli archeologi hanno potuto riconoscere alcune sistemazioni rinvianti al rituale funerario a ‘refrigerium’, ampiamente attestate nel bacino del Mediterraneo, ancora nel VII secolo. Gli scavi hanno reso possibile la riapertura di un cunicolo che si estendeva al di sotto dell’abitazione delle suore. Quest’ambiente, pur se pieno di materiale di risulta, ha “rivelato sul sottarco e sulla fronte di un arcosolio resti, ancora in opera, di una decorazione dipinta con motivo a cassettonato, entro cui si disponevano boccioli di rose. Il tipo di cassettonato a larghe fasce rimanda a raffigurazioni simili, databili alla seconda metà avanzata – fine del IV secolo”.

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